martedì 20 dicembre 2011

Il male dell’Italia: la regressione culturale



Non sputo sul piatto che mi dà da mangiare. Non voglio far finta di nulla, tantomeno nascondere quello che sento dentro di me: dolore, tristezza, disperazione e molta fiducia.
di Cheikh Tidiane Gaye

Il titolo non è provocatorio. Non sputo sul piatto che mi dà da mangiare. Non voglio far finta di nulla, tantomeno nascondere quello che sento dentro di me: dolore, tristezza, disperazione e molta fiducia.

Ho di recente pubblicato sul sito di El Ghibli, rivista nota come finestra della Letteratura Migrante, uno scritto epistolare intitolato: "Lettera alla zia che compie 150 anni". Quando scrissi la lettera, cercavo di porre l'accento sull'importanza dell'integrazione, il rispetto verso l'altro e l'amore per la fratellanza.

Oggi il fratellastro Casseri ha commesso un atto violento, barbaro, incivile che danneggia l'immagine del suo/nostro paese: l'Italia. Un atto da condannare indipendentemente da chi l'abbia commesso: italiano o straniero che sia.

Fratellastro, lo è. Malato di razzismo lo è. Non è l'unico. Nelle aziende, nella vita comune, tanti sono come lui e lo nascondono. Il giorno in cui questo sentimento è esteriorizzato avviene una strage. Non faccio certamente parte di chi pensa che gli italiani siano tutti xenofobi e razzisti ma esorto tutti ad alzare lo sguardo, a gettare per sempre gli occhiali del pregiudizio e a saper cogliere il lato costruttivo del diverso.

Essere un paese ricco e molto sviluppato come il nostro fa sottintendere che sia garantito il rispetto dei diritti umani, delle minoranze ecc ..., ma non avviene sempre così. Un paese sviluppato può comunque essere il fanalino di coda sui temi dei diritti umani, non per nulla l'Organizzazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati non apprezza le nostre politiche sull'Immigrazione.

Non vi è ratio per determinare il livello d'integrazione, il rispetto dei diritti civili, l'inclusione dei propri stranieri nel tessuto socio-politico e culturale. Quando in un paese gli stranieri sono terrorizzati e ammazzati, umiliati, sottovalutati, emarginati, esclusi fino a essere considerati come una minaccia, ci si scontra con un problema: strappare per sempre le radici dell'odio e della discriminazione ponendosi quale obiettivo quello di partorire una nazione egualitaria al fine di dare opportunità identiche ai propri cittadini. Ricordo che in una società civile si dovrebbe promuovere chi è bravo, chi è in grado di portare un contributo alla collettività e non chi ne fa parte solo per motivi di sangue. Gli italiani d'America che non parlano l'italiano non sono italiani. Il paese ha un ruolo importante, far sì che i suoi figli non si dividano, non si odino, non si ammazzino, non versino il loro sangue, non si combattano tra di loro, non si ghettizzino, non si respingano, non si escludano, ed offrire ai suoi cittadini le stesse chance per fondare l'idea di paese-nazione il cui termine forgia amore, condivisione e obiettivi comuni. Non è tardi per dare alla luce questo modello di paese. Per arrivare al paese della Libertà, alla terra dell'Uguaglianza e costruire il tetto della Fratellanza occorre unire le nostre forze, rispettarci e amarci. Considerare l'Altro come ricchezza senza temerlo e non come la causa del nostro fallimento.

L'evento, che ha fatto versare l'inchiostro dei giornalisti italiani e di tutta la stampa internazionale sul nostro paese, è da condannare. Nel terzo millennio non si può morire per motivi di discriminazione. Non è la prima volta che questo accade e spero non accada mai più, ma temo che ricapiterà in futuro. Per una regressione culturale manifestatasi nell'ultimo decennio, caratterizzato dalla rinascita dei partiti della destra xenofoba, predicatori dell'odio razziale, euroscettici e profeti dell'ideologia nazista, la nostra cara Italia sta diventando un paese sempre più chiuso e intollerante.

Non mi soffermo a elencare nomi e cognomi delle persone aggredite e uccise in passato: la lista non potrà mai essere esaustiva. Sappiamo che rom, zingari e neri sono maggiormente esposti e sappiamo che alcuni politici usano l'immigrazione per ottenere voti. Allora mi chiedo: perché dobbiamo condannare un popolo, un'etnia o un'intera comunità per interessi politici? La storia non ha insegnato nulla ai nostri politici perché continuino a provocare questo genere di squilibri? Ora evitiamo di fingere. L'Italia ha una tradizione nota e stranota: più di quattro milioni d'italiani si sono sparsi per il pianeta alla ricerca di fortuna fino a perdere la loro italianità. C'erano i "bravi", i meno bravi e i delinquenti. E ci sono stranieri che vivono in Italia ormai da molti anni e hanno acquisito il DNA dell'italianità nel corpo. Che siano gialli, neri, mulatti non è importante. Il valore di questi cittadini naturalizzati italiani è intrinseco per chi non giudica con dietrologie. Questi cittadini si alzano la mattina, lavorano, contribuiscono, parlano l'italiano, mandano i loro figli a scuola, questi ultimi si laureano e domani arriveranno nelle stanze decisionali del paese, nolens, volens. È proprio così. La non concessione della cittadinanza ai figli d'immigrati nati in Italia, il non riconoscimento del voto agli stranieri, la scarsa e infame semiologia dell'immigrazione sono vecchi sintomi che la politica non ha curato e si sta trascinando dietro da anni. Ecco oggi il risultato. La regressione culturale continua a potenziare le reti fasciste e xenofobe che danneggiano l'immagine e l'affidabilità del nostro paese.

Due senegalesi hanno perso la vita, due brave persone vittime di un'ideologia fomentata da pessimi politici, hanno pagato un prezzo elevato, come accaduto ai loro avi africani: schiavi, odiati, torturati e uccisi in America.

Due corpi saranno seppelliti in Senegal, nel paese che nella civiltà antica fu da sempre considerato terra della Teranga ovvero, dell'accoglienza e dell'ospitalità.

Dormiranno per sempre nell'onore e nella dignità. Erano umili, persone per bene che non spacciavano, non rubavano, in Italia alla ricerca della sopravvivenza.

Torneranno fieri nella terra che li ha partoriti, nell'umiltà e nella dignità. Torneranno con il volto coperto d'amore e di fedeltà: la loro missione era sfamare bocche oneste.

Torneranno nel ricco paese, nella terra che si alza al canto del gallo la mattina per andare a lavorare.

Torneranno degni: il colore della loro pelle ferita e insanguinata è di nuovo rispettato. Quella pelle, una volta calpestata, rinasce.

Sono morti nell'onore e nella dignità. Dalla loro morte nasca la Libertà! Due vittime che amavano l'Italia.

Occorre fermare la deriva populista e iniziare immediatamente a lavorare per la società dei diritti e dei doveri e non della paura. Che la politica si appropri di una nuova semiologia dell'immigrazione, si attrezzi di un nuovo sistema, che non escluda nessuno e inizi, da subito, a insegnare nelle scuole la storia della schiavitù e del colonialismo, i cui eventi hanno fatto nascere la discriminazione, il razzismo e l'intolleranza.

Ribadisco: le vittime amavano l'Italia.

Lottiamo per fermare il razzismo.

Lottiamo perché tutto ciò non avvenga mai più.

Lottiamo perché fiorisca l'amore tra i popoli. Il migliore è chi sa abbracciare il prossimo.

Che rinasca l'Italia dell'Amore!